Oggi ho trascorso una giornata davvero particolare. Ho accompagnato i miei genitori in ospedale per far fare un esame molto particolare a mio papà. E cosa c’è di strano? Nulla assolutamente, anzi, la cosa particolare è che questa giornata mi ha portato a riflettere molto sugli aspetti della vita, “sulla ruota che gira”, sul diventare anziani, sul condividere una vita insieme, su cosa vuol dire l’amore incondizionato.

Mia mamma nel 1992 ebbe un gravissimo incidente che le cambiò per sempre irrimediabilmente la vita, a lei e a tutti noi. Mio papà aveva una piccola azienda grafica, era molto dedito al lavoro, pur non facendoci mancare nulla a livello affettivo, molte ore le dedicava all’ azienda. Alla famiglia e ai suoi tre figli (me compreso) ci pensava mia mamma. I compiti, la scuola, il catechismo, il calcio, un pò come tutte le famiglie degli anni ottanta: la mamma a casa e il papà a lavorare. L’incidente cambiò in un attimo la nostra vita e quella dei miei genitori in particolare.
Mio papà inoltre si trovò di punto in bianco a dover gestire tre figli, l’azienda e sperare che mia mamma si svegliasse dal coma e soprattutto che fosse ancora una persona “normale”. Ricordo ancora quando faceva le notti in ospedale e di giorno andava a lavorare, pur ostentando tranquillità ai nostri occhi, per non farci preoccupare più del dovuto e farci pesare il meno possibile una situazione di per sé tragica.

Mia mamma, dopo grandi sofferenze si risvegliò dal coma e iniziò una fase di recupero molto difficile e tortuosa. Aveva “azzerato” il cervello e doveva ricostruire tutto come una bambina piccola. Avevamo il compito di ripeterle costantemente il proprio nome per farglielo ricordare (aveva rimosso anche quello), andava dalla logopedista per re-imparare e parlare: le facevamo fare dei disegni per farle riacquistare la manualità. Era commovente vedere una donna di quarantadue anni ripartire da zero e al tempo stesso notare con che determinazione eseguiva i “compiti”. Mai, più grande insegnamento mi fu dato sulla forza di volontà e sul desiderio di ottenere un obiettivo. Per starle maggiormente vicino e affiancarla nel lungo recupero, mio papà lasciò l’azienda per tuffarsi in una nuova vita: imparò a far da mangiare, cominciò a seguirci attivamente e si occupò della casa. Un altro grande insegnamento: cosa vuol dire amare una persona e la propria famiglia. Fece tutto alla grande! Mia mamma riuscì a recuperare buona parte della sua infermità e ora per lo meno si concede una vita dignitosa. Da considerare il fatto che durante il traporto con l’elisoccorso ci dissero che non sarebbe arrivata viva all’ospedale…(qui ci sarebbero tutti gli elementi per aprire un capitolo sulla comunicazione J).

Oggi, dicevo, ho accompagnato entrambi in ospedale per un esame a mio papà. Di fatto le cose si sono leggermente invertite: ora è lui che ha bisogno di maggior sostegno. Siamo partiti relativamente in anticipo rispetto all’orario previsto, intorno alle 8:00 eravamo già in macchina per essere certi di arrivare puntuali considerato l’intenso traffico di questi giorni causato dalle intense piogge. Volevamo essere tranquilli. Parcheggiamo a 200 mt dall’ospedale e a piedi ci avviamo verso il padiglione. Durante la camminata l’agitazione era papabile: si erano svegliati entrambi alle 5 per essere in orario e mi faceva tenerezza vedere come si accertavano per l’ennesima volta che la data fosse quella giusta, che ci fossero tutti i documenti, che fosse tutto in ordine. Sorridevo nell’osservarli cosi mutati nel tempo; mi sono sentito ormai grande nel pensare che ora ero io a portarli in giro come una volta loro facevano con me. Siamo arrivati in perfetto orario: avevamo appuntamento alle 9.30 e puntualmente i dottori ci hanno accolto. Molto zelanti ci hanno istruiti : l’esame consisteva inizialmente nell’ iniettare a mio papà un reagente radioattivo nel sangue, farlo agire per qualche ora e poi eseguire il test.
Morale, il test vero e proprio era previsto per le ore 14:00 senza che il paziente potesse lasciare l’ospedale e senza avere contatti con persone esterne. Io e mia mamma quindi, abbiamo approfittato per dirigerci verso il centro città e fare un giro per i negozi come facevamo un tempo, molto lentamente, ma l’abbiamo fatto. Mi si è riempito il cuore di gioia passeggiare con chi mi ha messo al mondo, con chi ha combattuto tra la vita e la morte per i propri figli : “sono viva per voi” ci racconta, “quando ero in coma ricordo ancora le vostre voci e mi dicevo che dovevo farcela, che non potevate restare senza mamma”.

Ci siamo permessi anche un aperitivo prima di pranzare, per poi tornare in ospedale. Era agitata la signora Paola: non vedeva l’ora di tornare da suo marito, guardava continuamente l’orologio e più si avvicinava l’ora e più cresceva l’ansia. “Mamma andiamo? Forse è meglio” le ho detto ad un certo punto: nemmeno il tempo di finire la frase che lei aveva già la borsetta in mano, pronta per uscire. Siamo tornati quindi al padiglione A per attendere che Michele finisse i suoi test. Finalmente alle 15 siamo usciti dall’ospedale e mentre ci incamminavamo verso la macchina i miei si scusavano per avermi fatto perdere tutta la giornata. Alchè ho risposto con un filo di commozione: “ma quante giornate mi avete dedicato voi? Per una che ogni tanto che vi dedico io? sù sù state tranquilli!” Giornata persa? NO, ASSOLUTAMENTE NO! Giornata guadagnata!

Ho riscoperto emozioni sopite, ho capito che veramente la vita è una ruota, ho scoperto cosa vuol dire amare; ho scoperto ancora una volta che si educa con l’esempio, che l’amore tra due persone è davvero magico e bellissimo. Ora, e sempre di più, io e i miei fratelli ci prenderemo cura di loro, almeno come loro hanno fatto con noi. Ci ricorderemo tutti i sacrifici che hanno fatto per farci crescere, per farci diventare ciò che siamo e lo faremo con grande disponibilità, gioia e amore. Questa giornata mi ha insegnato molto, anzi moltissimo e ringrazio davvero di cuore i miei genitori di avermi fatto “perdere” un giorno (come dicono loro), d’ora in poi ne “perderò” molti altri. Mi auguro, cari mamma e papà, di riuscire almeno in parte, a trasmettere ai miei figli ciò che voi avete trasmesso a noi, incondizionatamente con tanto tanto amore. Vi voglio bene!
Godiamoci tutti i momenti che trascorriamo con le persone care. Non tornano più indietro, arricchiscono il nostro presente e migliorano il nostro futuro.

Simone