Quando nel 2017 ho intrapreso questa avventura, non sapevo bene dove mi potesse portare, ne tanto meno perché lo stessi facendo. Fin da piccolo avevo l’idea di farmi una vacanza da solo, ma tra varie vicissitudini e forse anche la mancanza di coraggio, non ero mai riuscito.

Come per incanto, ho iniziato ad interessarmi al cammino di Santiago, a chiedere informazioni ad amici che avevano già vissuto questa esperienza, a documentarmi per capire bene cosa significasse e soprattutto come mi dovevo preparare. Più ascoltavo e più leggevo e più mi rendevo conto che non era proprio una semplice vacanza, ma che era proprio quello di cui avevo bisogno, vivere emozioni profonde, lontano da tutto e da tutti, un bellissimo momento per riprendere la giusta energia.
Così piano piano comprai tutta l’attrezzatura necessaria feci il biglietto e finalmente il 9 giugno del 2017 m’imbarcai da Venezia per Madrid, poi coincidenza con il volo per Pamplona poi pullman per raggiungere Saint-Jean-Pied-de-Port un paesino della Francia meridionale aggrappato alla base dei Pirenei da cui convenzionalmente parte il cammino francese, quello più noto e battuto. Ho trascorso il viaggio in silenzio, mi chiedevo spesso chi me l’avesse fatto fare, a tratti ero anche contento, sicuramente impaurito, non avevo prenotato nulla (non l’ho mai fatto per tutto il cammino), volevo cogliere tutto quello che mi capitava senza calcoli, senza controllo. 

Sotto il profilo storico il Cammino di Santiago de Compostela è una delle vie di peregrinazione tra le più note e importanti della storia che affonda le proprie radici nel Medioevo e prevede un viaggio dalla durata variabile che dalla Francia porta fino in Spagna al santuario di Santiago di Compostela dove secondo la tradizione si trova la sepoltura dell’apostolo Giacomo il Maggiore.
Si tratta di un percorso così importante che l’Unesco ha dichiarato le strade che compongono l’itinerario Patrimonio dell’Umanità. Sempre storicamente il Cammino trae la sua origine dal ritrovamento della tomba di Giacomo il maggiore intorno al IX secolo. L’apostolo in realtà fu ucciso per decapitazione in Palestina ma i suoi discepoli portarono il suo corpo per essere sepolto in Galizia dove egli aveva svolto parte della sua opera di evangelizzazione. 

Appena arrivato a San Jean mi sono diretto verso l’ufficio del pellegrino per farmi apporre il primo timbro sulla mia credenziale basilare per ricevere “La Compostela” che è un documento, consegnato dalle autorità ecclesiastiche, che certifica di aver completato almeno 100 chilometri a piedi o a cavallo (200 se si fa in bicicletta) del Cammino di Santiago. Viene concessa la Compostela a tutti i pellegrini che, mediante la credenziale del Cammino debitamente timbrata, dimostrino il loro passaggio ordinato, per motivi religiosi o spirituali (l’intero tragitto francese da Saint Jean a Santiago conta circa 800 km e super giù 1.000.000 di passi).

Trovo alloggio in una piccola casettina, con solo un posto libero di 5 totali, di cui 4 già occupati da italiani. Ecco, mi sono detto, il cammino pensa davvero a tutto. Trascorsa la notte, dove dormii profondamente complice anche il viaggio molto lungo ed impegnativo, mi svegliai il giorno seguente emozionato e pronto ad incamminarmi verso i Pirenei. Mi aspettava un tratto piuttosto impegnativo, ma con paesaggi bellissimi che mi avrebbe portato al primo paese spagnolo: Roncisvalle.
Avevo deciso di suddividere il cammino in tre parti, una all’anno, questo era il primo, non sapevo dove sarei arrivato, mi facevo trasportare dalla voglia di camminare, dalle persone che incontravo per strada, per la prima volta nella mia vita non volevo fare calcoli, nessuna tabella di marcia.

Ho terminato la mia prima parte di cammino a Santo Domingo della Calzada, famoso perché la storia racconta di una coppia di pellegrini tedeschi arrivati in una locanda della cittadina con un figlio. La ragazza che lavorava lì si invaghì del giovane e a seguito del suo rifiuto architettò un piano per punirlo. Gli inserì un oggetto prezioso nell’equipaggio e andò a denunciarlo per furto al giudice del re. La coppia venne inseguita, fermata e una volta scoperto il ragazzo fu condannato a morte mediante impiccagione. I genitori disperati proseguirono il pellegrinaggio fino a Santiago e di ritorno passarono ancora dove avrebbe dovuto esser sepolto il figlio morto. Con loro immensa sorpresa scoprirono che invece era vivo grazie a Santo Domingo. Corsero così dal giudice del re per averlo indietro. Questi stava cenando e in modo brusco gli disse: “vostro figlio è vivo come la gallina e il gallo che sto mangiando”. In quell’istante il gallo e la gallina saltarono fuori dal piatto e si misero a cantare. Da allora di dice: “Santo Domingo de la Calzada che fece cantare la gallina dopo esser stata cucinata”. Per questo motivo all’interno della stupenda cattedrale, troneggiano una gallina e un gallo, vivi e vegeti.

Nel primo tragitto ho sofferto molto il caldo, a parte il primo giorno di cammino che ho attraversato i Pirenei, iniziavo a camminare alle 5 del mattino per evitare le ore più calde e fermarmi intorno alle 13.00/14.00 stanco, dopo aver trascorso in media 30 km.
Un pò causa la disidratazione, un po’ la stanchezza, un po’ i tanti km, ho scoperto muscoli del mio corpo che prima non pensavo nemmeno di avere, ho visto gente che zoppicava e non si fermava, ho visto ago e filo per bucare le vesciche, ho visto bottiglie d’acqua ghiacciate fungere da borsa del ghiaccio per disinfiammare le ginocchia, ma non ho mai visto nessuno lamentarsi, nessuno arrabbiato anzi, ho scoperto la vera solidarietà, tutti si aiutavano con naturalezza e nonostante tutto, il sorriso era sempre presente. Ho scoperto come si possa amare la vita, come la routine dei giorni nostri ti distolga dalle cose vere, essenziali, credo sia necessario prendersi del tempo per il silenzio per la quiete, riportare tutto alla giusta velocità, altrimenti davvero rischiamo di ammalarci.

Il secondo tratto, che ho fatto nel 2018, è stato all’insegna del freddo e della pioggia. Un’altra bella prova da affrontare, molti rientravano a casa, non erano sufficientemente equipaggiati per quella temperatura fuori stagione. In effetti i primi giorni sono stati duri, il fango complicava ogni passo, la pioggia, nonostante il poncho dopo qualche ora penetrava, le scarpe riuscivano a far scorrere l’acqua solo in parte, poi, ovviamente, inzuppava calzini e piedi… che goduria 🙂
Ho allenato la mia resilienza, non volevo tornare a casa, ogni giorno mi dicevo:”domani sarà meglio” e cosi finalmente è arrivato il sole a scaldare le ossa e anche l’umore.

Ho attraversato le mesetas sotto la pioggia, in quei momenti, purtroppo mi sono goduto poco il paesaggio ma ho apprezzato moltissimo i momenti in cui pioveva forte, vedevo l’acqua che colava dal cappello, ero avvolto dal poncho, solo con me stesso e con i miei pensieri. Camminavo sotto l’acqua, cosa inusuale nella normalità, mi piaceva questa novità, mi emozionava.
Da quando è fuoriuscito il sole, magicamente il cammino ha preso un’altra piega, come se fosse stato un cammino nel cammino, ho iniziato a parlare con qualcuno, ho socializzato con persone fantastiche, ho fotografato nella mia mente una cena stupenda, una tavolata di perfetti sconosciuti, di 7 nazionalità differenti, giovani e meno giovani. Eravamo accomunati dalla stessa voglia di riempirci l’anima di cose belle,  ci passavano i piatti per assaggiare ognuno la pietanza dell’altro, altro che Coronavirus. È stata la ricompensa a tutti gli sforzi fatti i giorni prima. Ero grato alla vita.
Dopo 9 giorni di cammino, anche questa seconda tratta era giunta alla fine, ero dispiaciuto di ripartire, avevo trovato dei compagni di viaggio stupendi (come anche nel primo tratto), che mi avevano arricchito le giornate con sorrisi, racconti, cene, condivisione di esperienze di vita, avevamo incarnato lo spirito del cammino.

L’anno scorso, sono ripartito da Astorga, non sapevo se sarei arrivato a Santiago, anche questa volta decisi di farmi trasportare dal cammino, di viverlo fino in fondo, avevo tanta voglia di ripartire che appena sceso dal pullman ho iniziato a camminare pur sapendo che avrei rischiato di non trovare posto all’ostello. Anche questa volta mi è andata bene, ho trovato posto alle 6 di pomeriggio dopo tre ore di camminata.
L’ultimo tratto del cammino è quello della rinascita, il primo pezzo viene chiamato “il tratto delle domande”, dei mille perché, metti in discussione la tua vita, rifletti su ciò che è stata la tua esistenza fino a quel momento, nella seconda parte abbandoni le vecchie abitudini, ti prepari ad accogliere un nuovo te, e così nell’ultimo tratto, complice anche una bellissima e rigogliosa vegetazione, accogli il nuovo, pronto a conciliarti con Santiago e con una nuova vita. 

Il terzo tratto forse, è il più bello, paesaggisticamente parlando, attraversi boschi di eucalipti, di castagni, senti profumi estasianti, la natura di accoglie e ti abbraccia fino a Santiago. Il tempo è stato perfetto, la giusta temperatura per camminare, alzarsi la mattina presto con il buio, godersi l’alba tra il cinguettio assordante degli uccelli e della natura che anch’essa di risvegliava. Attraversare paesini piccolissimi, quasi dimenticati, il pascolare delle mucche libere di affiancare i pellegrini per un tratto del cammino, sembrava di essere in un cartone animato di Walt Disney.

Mi sento bene, riesco a camminare, percepisco che devo arrivare a Santiago sento che ce la posso fare, senza rinunciare ovviamene alle soste per assaporare una buona birra spagnola (l’Estella in Galizia), a mangiare un panino all’ombra degli alberi secolari, che chissà quante persone hanno visto passare li sotto, se potessero parlare… Ogni pellegrino porta, oltre allo zaino con lo stretto necessario per vivere, lo zaino dell’esperienze di vita, ho conosciuto persone straordinarie, chi camminava insieme alle ceneri della moglie, purtroppo deceduta prima di partire per il viaggio che avevano organizzato insieme, chi per la 18° volta faceva il cammino, una volta all’anno da quando era andando in pensione raccontava, per trasmette qualcosa di profondo al prossimo, persone anziane come Maria, che con un piccolissimo zaino ed un bastone per sostenerla, piano piano è arrivata a destinazione, straziata dai dolori ma sempre sorridente con una forza di volontà commovente che ancora mi porto dentro e che richiamo alla mia memoria ogni qualvolta mi sento vinto.
Sedersi sulla piazza Obradoiro e ammirare la cattedrale con le sue bellissime guglie è un’emozione che non si può descrivere, una sensazione stranissima, un cocktail di emozioni forti che ti fa oscillare tra il ridere e il piangere.

Non possono essere sufficienti un manciata di righe per descrivere ciò che trasmette il cammino di Santiago. Mi ha cambiato la vita? Per certi versi si, mi ha cambiato il modo di vedere le cose, ho compreso quanto sia importante la solidarietà, ho compreso quanto noi possiamo e dobbiamo dare di più al nostro prossimo, ho compreso quanto si è chiusi nel nostro egoismo, ora che ho visto pellegrini che camminavano anche con due zaini per aiutare l’amico in difficoltà, non posso più pensare di non tendere una mano a chi ne ha veramente bisogno. Ho compreso quanto sia forviante il bene materiale, ho compreso come quante persone siano accecate dall’apparire, dall’avere, senza nemmeno investire un momento della propria vita per nutrire l’anima, per nutrire il proprio essere di cose vere, come diceva Alessandro Magno, tutto ciò che mi porto nell’aldilà è la mia ricchezza interiore, tutto il resto non vale nulla. 

Ringrazio quanti mi hanno affiancato in questo cammino, ai miei compagni di viaggio e che custodisco nel cuore, a quanti con un piccolo gesto mi hanno donato molto, ringrazio la mia famiglia che mi è stata vicina, ringrazio me stesso per avermi fatto riscoprire le mie debolezze di uomo e alle mie risorse che nemmeno pensavo di avere, ringrazio Dio che mi ha dato la forza, che mi ha guidato in questa bellissima esperienza. Che non sarà l’unica!