Il mondo del calcio sta richiedendo un profondo mutamento e tutti hanno la ricetta magica, sanno quello che bisogna fare. Io francamente non ho la verità in tasca, credo fortemente in un valore che mi accompagna da molto tempo: FARE. Cominciamo noi per primi ad apportare qualche cambiamento a modificare per esempio il nostro modo di comunicare. L’allenatore è un educatore, un leader. Ciò che dice non dovrebbe passare inosservato, i giocatori si aspettano sempre qualcosa di nuovo, che li faccia crescere e che li motivi.

Noto che spesso, quando gli allenatori parlano, trascurano le emozioni che sono il vero motore trainante, sono le cose che ti spingono all’azione. Spesso cerchiamo di sopprimerle perchè ci fanno paura, mentre, la differenza che c’è tra un bravo comunicatore/motivatore e una persona che parla, è proprio questo: far vivere ai tuoi interlocutori delle emozioni!

Le tue conoscenze valgono poco se non sei capace di trasmetterle ai tuoi giocatori e collaboratori. Un leader diventa carismatico quando riesce a far fare cose  ai giocatori che non pensavano di essere in grado di fare e quindi ad andare oltre i propri limiti. Basti pensare ai professori che avevamo a scuola, anche se odi una materia ma trovi un professore carismatico, ti incanta, ti fa piacere la materia e non lo scorderai mai più.

Spesso è meno importante quello che dici, rispetto a che tono usi e quello che stai facendo mentre lo dici: controlla sempre il tuo corpo e il tono della tua voce.
 In qualsiasi manuale di comunicazione troverete scritto che in percentuale il nostro messaggio viene percepito il 55% dal non verbale (corpo) 38% dal paraverbale (tono della voce) 7% verbale (la parola).

Pensate ad una frase e pronunciatela. Ora urlatela intercalandola con delle pause più o meno lunghe; adesso sedetevi, allungate le gambe, reclinate la schiena e pronunciate la frase. Ora mettete i gomiti sul tavolo, stringete i pugni e pronunciate nuovamente la frase, noterete molte differenze. 
 Mettere del “colore” nella nostra comunicazione, muoverci in un certo modo, utilizzare una postura consona al messaggio che stiamo dando ai nostri atleti, modificare il tono della voce: alto, basso, rigido, fare attenzione alle pause, vuol dire fare la differenza. I nostri interlocutori percepiscono se siamo sciolti o rigidi. Se siamo sciolti, naturali e non impostati trasmettiamo sicurezza, ci ascoltano e riusciamo così ad arrivare alle loro emozioni, a motivarli. Diversamente il nostro messaggio rischia di passare inosservato (e poi ci arrabbiamo e diciamo che gli altri non capiscono).

Per questo motivo fai attenzione a come ti muovi negli spogliatoi sia prima della partita che tra il primo e il secondo tempo. Hai pochi minuti per colpire l’attenzione ti consiglio poche parole chiare, efficaci e volte all’azione. Comunica sempre quello che devono fare e concludi il tuo discorso con una parola positiva!

Ultimo, ma non ultimo, anzi credo che sia decisamente la prima cosa da imparare per una corretta comunicazione è l’ascolto.
 Anche qui ci sarebbe molto da dire, e vi chiedo: ma se noi non ascoltiamo i nostri atleti e i nostri collaboratori, come possiamo sapere di cosa effettivamente hanno bisogno? come possiamo sapere come motivarli?
Si chiama “ascolto attivo” e vuol dire che quando una persona parla evito di intervenire, evito di crearmi dei giudizi, semplicemente ascolto raccolgo informazioni utili e poi intervengo. Abbiamo due orecchie e una bocca, usale in proporzione: ascolta due parla uno. 
“La tendenza a giudicare e criticare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione”, diceva Carls Roger nel 1952.

Non esiste quindi un metodo per comunicare e motivare i giocatori. Esistono strade e percorsi diversi che portano ad un’unica meta. L’ascolto, e la corretta comunicazione ti aiutano a raggiungerla.

Simone