Frequentando ambienti sportivi giovanili, spesso mi capita di ascoltare frasi di incitamento e discorsi che i genitori e allenatori rivolgono ai propri figli e ai propri atleti in campo e fuori.
Appassionato come sono di gioco e di linguistica non ho potuto far a meno di notare due atteggiamenti e due stili comunicativi predominanti:  da tifoso e da sponsor.

Lo sponsor:

  1.  Sottolinea e promuove i punti di forza del giovane atleta e lavora sulle criticità  affinché si trasformino in campi di miglioramento
  2.  Nelle situazioni di difficoltà,  incoraggia lo sportivo a trovare delle soluzioni  personalizzate in modo autonomo: supportandolo nel raggiungimento delle  performance desiderate
  3.  Incoraggia e sostiene la crescita personale del giovane prima di tutto a livello di  identità e di valori

Il tifoso:

  1. Ha in primo piano il risultato piuttosto che l’atleta. Deresponsabilizza il giovane sportivo attribuendo le motivazioni degli insuccessi all’esterno impedendogli così una centratura su se stesso che è fondamentale per migliorarsi.
  2. Critica, giudica e traccia la strada da seguire: solo l’adulto sa quello che è giusto, per lui? E l’autonomia  del bambino?
  3. Quando le cose vanno bene esaltare la persona. Quando si gioca male e si perde esterna affermazioni che non valutano solo il contesto e il comportamento del momento ma vanno ad  intaccare l’identità: sei imbranato, sei scarso, sei superficiale…

Il tifoso, nella maggior parte dei casi, si rivolge al figlio come un’estensione del Sé, tende a interpretare ogni episodio che accade sul terreno di gioco come qualcosa che lo riguarda personalmente dimenticando di stare in ascolto delle reazioni del proprio figlio:
il vero protagonista!
Per lui l’allenatore ha ragione solo se ha la sua stessa visione del gioco e dell’unico ruolo che lo interessa veramente è quello del proprio figlio. Suo figlio è il migliore sempre e non sbaglia mai. Subisce le ingiustizie ma si guadagna i meriti

Lo sponsor, ha consapevolezza di volere il meglio per proprio figlio nello sport e nella vita. Condivide con lui/lei momenti di successo e lo supporta nell’affrontare le sconfitte riportando il focus sul gioco e sulle belle esperienze che si vivono nel gruppo e nella squadra. Anche per il genitore-sponsor il figlio è il migliore e come tale ha punti di forza e punti di criticità che se correttamente ri-educati diventano leve potenti di miglioramento sportivo e personale.
Questo atteggiamento manifesta grande fiducia nell’allenatore e nel team e come risultato dà anche grande sicurezza al proprio figlio che sa di relazionarsi con un gruppo valido e in linea con i valori sociali e familiari.

Cos’altro aggiungere?… Io, come genitore, voglio e scelgo di esser sempre sponsor e mai tifoso affinché l’allena_mento sia tempo e spazio di crescita e di confronto armonico tra mio figlio e la sua squadra.

Simone